di OTTAVIA E. MOLTENI
Alla
vicenda dell’occupazione – e del successivo sgombero – dello stabile ex
Alitalia in zona Marelli a Sesto San Giovanni (MI) vanno ascritte due fasi
temporali distinte. L’una – la narrazione – viaggia su un piano temporale
pressoché sincronico e presuppone la presenza, in un dato momento e luogo, di
uno o più soggetti testimoni. Contempla inoltre generalmente poche voci degne
di reale autorevolezza.
L’altra
fase – la ri-narrazione -, si presenta invece avulsa dal movimento delle
lancette dell’orologio e si prospetta come esercizio più collegiale. È la
pratica a cui più di una persona – compresa la scrivente – si è dedicata nelle
ore e nei giorni interessati dalla vicenda (e anche dopo, per la verità) nel
contesto delle piattaforme social. Una dinamica che ha visto confrontarsi
versioni antitetiche per contenuto e per spirito anche da parte di chi ha
assistito in diretta allo svolgersi degli eventi (sgombero in primis,
l’occupazione è infatti partita nella tarda serata di sabato 1 settembre per
concludersi a notte inoltrata).
Tali
evidenti disparità a livello di racconto ci hanno portato a domandarci dove
risiedesse la verità dei fatti. Non volendo prendere le difese di alcuna delle
due parti in causa (amministrazione comunale sestese e collettivo sociale “Aldo
dice 26x1”), abbiamo deciso di lasciare a voi lettori de L’Altra Sesto
stabilire quale versione della “storia vissuta due volte” (in tempo reale e
narrata) vi sembri più “plausibile”. Riporteremo pertanto, in due testi
distinti, le “voci” di Sindaco e Giunta, da una parte, ampiamente presenti su
Facebook con post ampiamente seguiti e commentati; e, dall’altra parte, di
Wainer Molteni, componente del Collettivo, che siamo stati a intervistare nella
serata di lunedì 3 settembre u.s.
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Per
rispetto istituzionale partiamo con Roberto Di Stefano. Così informava i suoi
amici virtuali dell’avvenuta occupazione dell’ex Alitalia: “OLTRE 100 ABUSIVI
OCCUPANO STABILE PRIVATO A MARELLI AGGREDENDO LE FORZE DELL’ORDINE. Questa
notte mi son recato in Piazza Don Mapelli per cercare di sventare l’occupazione
dell’ex stabile Alitalia. Purtroppo in mancanza di ulteriori volanti e uomini
gli abusivi hanno aggredito le forze dell’ordine per entrare nello stabile. Un
agente della polizia locale è rimasto contuso. Chiediamo un intervento
immediato con lo sgombero degli occupanti, soprattutto immigrati, provenienti
da Milano. Occupare è un reato e un insulto alle persone oneste che sono in
graduatoria e attendono la casa popolare”.
Dopo
che in data 3 settembre u.s. il Primo Cittadino di Sesto San Giovanni era
riuscito a far convocare, con la formula dell’urgenza il Comitato per l’ordine
e la sicurezza pubblica in Prefettura, l’ultimo tassello arrivava dalla
Circolare inviata dal Capo di Gabinetto del Ministro dell’Interno Matteo
Salvini già in data 1 settembre 2018. Un documento che accelera sui tempi di
esecuzione degli sgomberi, a cui deve essere agganciato un censimento degli
occupanti. “Non possono essere sottovalutate le difficoltà che gli operatori
sociali potranno incontrare nell'esecuzione dei suddetti accertamenti – si
legge nella Circolare -. Pur tuttavia tali operazioni devono essere condotte
con la massima rapidità, sfruttando, ove possibile, le risultanze dei registri
di anagrafe, o anche dei dati in possesso di altre pubbliche amministrazioni,
nonché degli stessi Servizi sociali per quegli occupanti che già beneficiano di
eventuali prestazioni assistenziali”.
Il
giorno immediatamente successivo alla riunione di cui sopra, Di Stefano plaude
sempre su Facebook alla “vittoria della legalità”, annunciando l’avvio delle
operazioni per allontanare le persone dall’ex stabile Alitalia. Quelli che lui
ha definito a più riprese “professionisti dell’occupazione” che vorrebbero
vedersi corrispondere, con la forza, trattamenti di favore rispetto agli onesti
che aspettano il proprio turno, rispettosi delle regole, per ottenere una casa
popolare. D’altronde “legalità” è una delle keyword della Giunta diretta da
questo sindaco.
Sulla
scia della soddisfazione per aver portato la città a essere la prima a mettere
in pratica il disposto della circolare del Ministro Salvini, Di Stefano cambia
però argomento a stretto giro e torna a più consuete questioni amministrative.
Altri
profili social legati a esponenti della Giunta non perdono invece il grado di
bollore. I violenti dipinti dal Sindaco si mutano in aggressori di tutori
dell’ordine e giornalisti. A sorpresa, però, non è l’Assessore alla partita a
scatenarsi (Claudio D’Amico) – che parla di occupanti al 90% stranieri arrivati
da Milano (corretto: si spostavano da Via Oglio) -, bensì il collega Antonio
Lamiranda, che collega all’evento un “preciso disegno politico della sinistra”
e continua affermando: “È’ apparso da subito che dietro ad un centinaio di
stranieri con bambini usati come scudi umani manovravano noti esponenti della
sinistra estrema milanese. Avevano
attrezzi per lo scasso / telecamere per riprendere le scene dell’occupazione
pro domo loro / macchine fotografiche. Chi ha un fabbisogno abitativo non è
così attrezzato”.
Incalzato
nelle ore e nei giorni successivi allo sgombero, l’assessore Lamiranda
pubblicava sui social in data 05.09.2019 uno stralcio della “Relazione di PG
del 02.09.2018”: “Alle ore 2.30 circa del 02/09/18 .. iniziava una violenta
calca per sfondare l’ingresso. Gli agenti e gli esponenti politici presenti
venivano scaraventati via e nella circostanza l’agente di PL ... veniva colpito
in modo violento. NON ERA POSSIBILE EFFETTUARE UNA RESISTENZA PERCHE’ TRA LE
PERSONE CHE FACEVANO IRRUZIONE ERANO PRESENTI MINORI” (quest’ultima frase era
scritta così, proprio in maiuscolo).
Bambini
che sono stati protagonisti anche in occasione dell’epilogo della vicenda,
giacché si è parlato, al termine dell’operazione, di 25 minori presi in carico.
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Passiamo
al racconto che ci ha concesso Wainer Molteni di “Aldo dice 26x1” (riguarda
l’occupazione e i progetti per l’ex Alitalia. Dopo lo sgombero da Sesto e
l’occupazione di una delle torri Ligresti di Via Stephenson, non abbiamo ancora
avuto modo di ricontattarlo)
“Parto
con il raccontarvi il progetto, nato a 100 metri da qui nel 2014. Riguarda il
reinserimento sociale completo di famiglie sfrattate per morosità incolpevole,
tutte in lista d’attesa per l’assegnazione di un alloggio popolare in
Lombardia. Qui con noi adesso abbiamo nuclei che hanno dormito con i bambini al
Parco Trenno, piuttosto che in macchina. Nel corso di questi quattro anni
abbiamo accompagnato sino alla fase dell’assegnazione oltre 150 famiglie. Il nostro
è un progetto autosostenuto. Auto-sostenibile. A costo zero. Ospitiamo solo
soggetti che per dieci anni almeno abbiano pagato le tasse in Lombardia.
D’altronde, se non l’avessero fatto, non avrebbero i requisiti per l’accesso a
una casa popolare. Dove siano nati, a me personalmente non interessa. Il nostro
obiettivo è far sì che le persone non debbano vivere per strada mentre
aspettano la casa popolare, o, in alternativa, pesare per centinaia di euro al
giorno sulle casse dei comuni. Tra lo sfratto e l’assegnazione queste famiglie
vengono abbandonate dalle amministrazioni comunali per un gap sempre più lungo,
perché oggettivamente non ci sono disponibilità immediate”
Molteni
inserisce a questo punto una considerazione: “Viviamo in un paese con più case che
abitanti, non ci dovrebbero essere quindi persone che non l’hanno. Solo a Sesto
San Giovanni ci sono milioni di metri quadri di stabili che potrebbero essere
destinati a questo scopo. Basterebbe una firma del Sindaco, perché anche gli ex
uffici – come questo di Alitalia – cambino destinazione d’uso e possano essere
usati. Visto che questo immobile sembra non servire alla compagnia aerea, penso
che il Sindaco potrebbe richiedere di poterne fruire in comodato d’uso e usarlo
come ostello sociale”.
A
questo punto il discorso scivola inevitabilmente sui termini duri utilizzati da
Di Stefano e collaboratori per descrivere il comportamento dei diretti
antagonisti. Molteni ci descrive così la sera dell’occupazione dello stabile in
zona Marelli: “Io la definirei una notte di stanchezza. Venivamo infatti da
quattro posti visitati nell’arco della giornata e lasciati volontariamente
perché in condizioni invivibili. Per la scelta degli immobili è indispensabile
da parte nostra il rispetto di alcuni standard, perché abbiamo bambini e
famiglie gravate anche da problematiche di invalidità. Questo non ci consente
di vivere in ambienti insalubri”.
“L’ex Alitalia è oggettivamente l’unico
stabile rimasto in Milano e il suo hinterland ancora vivibile. Oltretutto, a
due anni di distanza da quando ce n’eravamo andati da qui, c’era ancora la luce
accesa al secondo e al nono piano. Un vero insulto. Almeno l’avessero
recuperato nel frattempo... Invece è successo come per l’Impregilo, ancora
vuoto”.
“Abbiamo
occupato l’immobile verso le 22.30. Eravamo circa duecento persone, con 57
nuclei famigliari censiti dal Comune di Milano. 50% italiani, 50% provenienti
da altre 26 culture di nascita. Alle 00.30 ci trovavamo tutti in riunione al
secondo piano. Un agente della Digos (Molteni fa il cognome, ma noi preferiamo
non citarlo, NdR) si è offerto come tramite. Con una stretta di mano avevamo
raggiunto un accordo per restare qui per un tempo breve – inizialmente una
settimana -, che a noi risultava tuttavia utile per aprire un dialogo con la
proprietà. Dialogo che abbiamo aperto nel pomeriggio, chiedendo il comodato
d’uso per tre mesi in funzione della custodia sociale (allo scadere di quel ci
sarà un bando relativo a Via Carbonia, città di Milano) e offrendoci di pagare
ad Alitalia 1.500 euro al mese quale contributo spese, come avevamo fatto fino
al primo agosto scorso in via Oglio. Trascorso quel trimestre riconsegneremo le
chiavi alla proprietà. Domani (il giorno dello sgombero. NdR) manderemo mail
formale all’azienda con in copia anche il sindaco Di Stefano”.
“Tornando
all’occupazione, dopo la stretta di mano con l’agente della Digos, l’aria si è
stemperata. È partito l’applauso delle mamme e dei bambini, contenti perché
finalmente potevano andare a dormire. Io ho detto a loro di tornare in via
Oglio e che noi uomini ci saremmo fermati a pulire, a fare la polvere. Dopo
però che le mamme con i bambini sono scese e, dietro a loro, la polizia con il
Sindaco, quest’ultimo ha ordinato di chiudere la porta e di formare il cordone.
Alle spalle erano rimasti cinque o sei del nostro collettivo, a cui il sindaco
ha detto di uscire. Noi allora ci siamo seduti per terra, in segno di
resistenza passiva, e abbiamo detto che avrebbero dovuto portarci fuori loro di
peso. Non ci sono state botte, tanto più che noi eravamo in cinque e le forze
dell’ordine in trenta”.
“Con
il cordone formato, i bambini e le mamme, che non ce la facevano più, hanno
cominciato a spingere. I carabinieri e la polizia hanno iniziato a dare calci
sugli stinchi - anche ai bambini, ho dodici contusi certificati. Quanto all’agente contuso alla schiena, non
ne so nulla, ma sicuramente non siamo stati noi, men che meno i bambini, perché
sono stati loro a sfondare il cordone con le madri. Rilevo poi che la posizione
della contusione è strana rispetto a come eravamo posizionati. Secondo me,
quella sera, il Sindaco si è sostituito al Prefetto e non avrebbe dovuto
farlo”.
Nell’occasione
dell’intervista con L’Altra Sesto, Molteni ha ammesso alcuni eccessi verbali,
per i quali si è dichiarato disponibile a chiedere scusa a Roberto Di Stefano.
Con il quale era pronto altresì a un confronto, a cui era disposto – ci aveva
detto – a presentarsi ammanettato.
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