Francesco Della Torre
Un ritratto
Ci sono persone, a volte anche
sconosciute (notate, cioè, soltanto nella loro esteriorità), che ai nostri occhi appaiono l’espressione
compiuta di una forma la cui qualità impalpabile sembra un tratto distintivo anche
della loro identità più profonda. E quella qualità - che potremmo identificare
con una sorta di aura non meglio precisata -, laddove si offra la possibilità,
invece, di frequentarle e conoscerle da vicino, oltre che confermarne l’impressione,
evidenzia anche la personalità che fatalmente ne discende, poiché ciò,
naturalmente, si manifesta nelle loro intenzioni, come nelle azioni, nei loro
gesti, come nelle parole.
Tali persone, quello stile che
le connota, proprio per questo, lo
conservano immutato nel tempo, quasi loro malgrado; non è un vestito indossato “allo
scopo”, ma un trasudare inconsapevole di un modo di essere. Le impressioni fin
qui descritte sono, per la mia personale esperienza, perfettamente aderenti al
profilo umano e intellettuale di Francesco Della Torre. Ma Francesco, oggi, non
è più! Ci ha lasciati - il 7 aprile scorso, all’età di 88 anni - in punta di piedi, senza clamorosi annunci
nella breve fase che ne ha preceduto il decesso, né richiamando a sé, la
partecipazione corale, che certo avrebbe meritato, per i suoi funerali.
Ha preferito farsi avvolgere
dall’onda silenziosa e cupa delle cerimonie mute e in solitudine, al tempo del
Corona Virus. Figura conosciuta nella città, per essere stato stimato dirigente
Falck, ma anche capo delegazione – benemerito, insignito della medaglia d’oro
dal Comune di Sesto- dei Maestri del Lavoro, organismo del quale faceva parte.
Oltre che attivo nella
realizzazione di incontri informativi,
con anziani dipendenti Falck, studenti delle scuole sestesi, Francesco
collaborava con periodici, dove scriveva di politica e, più in generale, di
tematiche sociali. Ma tra le sue passioni, vi era anche la poesia, che
coltivava nella più assoluta intimità.
Solo poche, di queste sue
composizioni, si sono lette qua e là su
alcune riviste, mentre una silloge compiuta, per numero di titoli e qualità
formale e contenutistica, alla quale consegnare “pensieri e sentimenti…” (così si legge in copertina, nel
sottotitolo di RONDO’), è stata
pubblicata in proprio e distribuita a
pochi amici.
Meglio che altrove, con
Francesco ci siamo conosciuti sugli scranni del Consiglio comunale di Sesto San
Giovanni, quando durante la seconda legislatura Penati, che si è conclusa del
2001, sedevamo su scranni contrapposi: lui in quelli del Gruppo Misto a
sostegno del Centro Destra, io, invece, in quelli dei Democratici di Sinistra e
di Rifondazione. Questa annotazione non è soltanto una sottolineatura
cronachistica, ma l’occasione che mi è stata data per conoscerne più da vicino
la caratura morale oltre che l’onestà intellettuale. Prendevamo parola, come è
facile immaginare, sempre da posizioni fatalmente dialettiche, anche confliggenti, ma mai,
quella circostanza, si è tradotta in arroccamenti pregiudiziali verso le tesi
dell’uno o dell’altro. Ricordo i suoi interventi, sempre puntuali,
circostanziati, e soprattutto rispettosi della civiltà del confronto e degli
avversari. Anni luce, per intenderci, dai toni sguaiati e pericolosi del
dibattito odierno.
E’ davvero paradossale, per
esempio, che oggi, invece, rappresentanti e adepti di partiti che sono relativamente
giovani -rispetto alla storia e alla longevità di DC o PCI, ai quali, rispettivamente noi ci
riferivamo -, siano letteralmente posseduti, più di allora, da furore
ideologico; non saprei se per cinismo degli uni e per cieca passione o, forse,
per sospesa azione analitica e critica dei fatti, degli altri. Una spiegazione ci sarebbe: l’analisi della
realtà, la valutazione oggettiva delle situazioni con tutte le sue sfumature e
le gradazioni di grigio, sono faticose, esattamente come l’esercizio della
democrazia, che implica ascolto, attenzione, discernimento.
Molto più immediato e facile,
perciò (sia per i cosiddetti leader politici -celebrati come grandi
comunicatori –sic…-, che per i loro seguaci), è ridurre a un solo gesto
l’immane complessità delle dinamiche del mondo globale, orientarsi, cioè, a dei
più sbrigativi sì e/o no, a dei senza se
e senza ma; Per non parlare dell’inqualificabile uso delle cosiddette fake news, arma subdola che prima o poi
si ritorcerà anche contro chi la usa. Tale impoverimento culturale ha e avrà effetti
devastanti sulle relazioni sociali, la gravità dei quali ancora non si
immagina. Ma comunque, al momento e non si sa per quanto, tutto ciò è di gran
lunga lo sport più praticato: economico e gratificante. Tutti contenti, tutti
ingannati.
Con Francesco, eravamo dirimpettai nelle
nostre case Falck; Questo ha fatto sì che molte siano state le peripatetiche
passeggiate nel nostro grande giardino, punteggiato da giganteschi tigli, annesso alle abitazioni; E gli argomenti,
alla fine ruotavano sempre sulle tematiche accennate e domande cruciali
dell’esistenza. Ma più lievemente, ci confrontavamo spesso, su questioni di
sociologia, attualità e, fatalmente, di politica. Deducendone regolarmente la
disarmante relatività delle speranze e delle soluzioni, rispetto alla vastità,
appunto, dell’intricata matassa dei conflitti. Come armonizzare il contrasto
tra le legittime aspettative di liberazione dal bisogno, di giustizia, e
eguaglianza socioe-conomica delle masse, da una parte, e la mai paga ingordigia dei poteri economico-finanziari
transnazionali, che governano il globo, come pupari, dall’altra?
Nella sua profondità,
Francesco, a mo’ di chiosa dopo tanto icaresco volo dagli esisti scontati,
aveva sempre la battuta autoironica – che è prerogativa dei saggi - sulle
nostre marginalità. Così, gli incontri, si chiudevano spesso con un anelante
sguardo al cielo – a suggello della nostra, impotente, minorità - e con quel
rasserenante e immancabile sorriso, col quale firmava il suo tratto
gentile, che mi aveva dato da conoscere.
Rocco Abate